a project by Martina Merlini / Alice Schillaci
Questo progetto nasce da una collaborazione spontanea che mette in gioco competenze differenti e un comune punto di interesse sul concetto di spazio.
Le immagini in serie mostrano ambienti ricreati che, come sculture solide, si propongono però in modo di- namico e secondo un processo di decostruzione
e ricos- truzione degli stessi elementi.
All’interno di un luogo astratto, la cui unica identità è decretata dal colore, prendono forma, come moduli, de- gli ambienti le cui semplici strutture di legno generano sottili tensioni di equilibrio e linee di forza, delimitando uno spazio altrimenti infinito.
Inevitabilmente ogni spazio, nel momento stesso in cui viene definito, porta spontaneamente con se leggi scritte dall’interazione fra gli elementi, dove pieni e vuoti si alternano per raggiungere uno punto di equilibrio. Così, un ambiente apparentemente statico, concepisce invece, come un demiurgo, una delicata tensione carica di vita in cui le piante grasse, associate ad ogni ambiente, divengono inevitabilmente parte organica dell’intero corpo. Le piante, sebbene sembrino un punto di partenza vivo attorno a cui si struttura un universo, al contrario si mani- festano forme complici di un unico intero in cui la coesistenza degli elementi genera armonia.
La serie di immagini su cui si costruisce il nostro lavoro vuole portare l’attenzione sui quei sottili equilibri che strutturano lo spazio nel momento stesso in cui viene definito tale e che necessitano di un tempo paziente di osservazione per essere svelati.
Chi guarda non deve subire le immagini ma a dedicare loro il tempo necessario
per potersi spiegare.
This project is born of a spontaneous collaboration among different skills sharing a common conception of space.
The serial images present fictitious landscapes as solid sculptures. These, however, behave as dynamic entities according to an endless logic of deconstruction
and reconstruction of each of their elements.
Within abstract space, defined solely by color, there take shape modular landscapes, in which simple wooden structures generate subtle tensions of balance and lines of force that design boundaries for an otherwise unlimited space.
Inevitably, once defined, every space spontaneously performs rules written by the interaction of its elements and the alternation of fullness and emptiness
reaching out towards balance.
Thus, an apparently static environment gives life to a delicate demiurgical tension, and the desert plants associated with each environment take their organic place within the whole.
Albeit these plants convey the impression of being the fulcrum around which a whole universe organizes itself, nonetheless, they are not the protagonists
but rather accomplices of each harmonic whole.
This work aims at bringing the viewer’s attention onto the subtle interplays of balance that give structure to a space at the very moment as it defines itself and that call for a patient time of observation in order to reveal themselves.
The viewer in not supposed to be subjected to the images, but, on the contrary,
to give them sufficient time so that ehy may unvail their nature.